FED e BCE non smentiscono i mercati alzando il costo del denaro di un quarto di punto a testa come previsto. Non sarà il 2023 l’anno del taglio dei tassi e non sarà il 2024 l’anno in cui l’inflazione tornerà al 2%. Intanto l’economia europea rallenta, e l’euro a fatica recupera la soglia di 1,10.
La Fed e la Bce non mollano sull’inflazione e quindi sui tassi di interesse. A Sintra i banchieri centrali hanno avuto l’occasione di confrontarsi e sia Lagarde che Powell hanno ribadito che i rialzi del costo del denaro non sono finiti. Anticipando nuove manovre che probabilmente rallenteranno l’economia. Le parole di Powell hanno permesso al dollaro di recuperare evitando il pericoloso break rialzista delle resistenze di area 1,10.
Powell davanti al Congresso ha dichiarato che saranno probabilmente necessari nuovi aumenti nei tassi di interesse per contenere le spinte inflattive negli Stati Uniti. Il dollaro sembra non credere alla FED, oppure pensa che la BCE sarà altrettanto aggressiva viste le massicce vendite sul biglietto verde. Ma i dati PMI europei gelano le aspettative
La FED non si muove sui tassi, ma non esclude di farlo più avanti togliendo ogni ambiguità su un possibile taglio nel costo del denaro nel 2023. Non ci sarà. La BCE rimane aggressiva e anche a luglio si muoverà portando i tassi al 4.25%. L’inflazione rimane il nemico da sconfiggere assieme ad un mercato del lavoro ancora resiliente. Ottima reazione di EurUsd nel test dei supporti.
Gli Stati Uniti hanno disinnescato, come al solito all’ultimo miglio, il rischio default. Adesso tutte le attenzioni vanno sulla FED e sulla BCE con le decisioni di politica monetaria che impatteranno sull’evoluzione estiva di mercato azionari e obbligazionari che stanno assumendo comportamenti divergenti quanto a probabilità di recessione entro fine 2023. EurUsd ritesta i supporti chiave ed è nuovamente a rischio inversione di tendenza.
Scongiurato lo sfondamento del tetto con un accordo che rimanda al 2025 la pratica, gli Stati Uniti tornano a concentrarsi sulle prossime mosse di una Federal Reserve che potrebbe aumentare i tassi a metà mese come farà sicuramente la BCE. In Eurolandia l’inflazione rallenta oltre le attese e l’euro comincia a scontare uno scenario di politica monetaria meno aggressiva del previsto. Negli Stati Uniti invece l’occupazione accelera.
Il mondo finanziario è con il fiato sospeso per l’evoluzione della delicata questione sul tetto del debito americano. In assenza di aumento del debt ceiling l’America andrebbe in default scatenando una prevedibile volatilità sul mercato e corsa ai beni rifugio. L’accordo ci sarà. probabilmente ma sul fotofinish, ma il rallentamento economico maggiore del previsto in Europa favorisce la forza del dollaro.
La FED potrà guardare con maggiore serenità al meeting di giugno solo se la politica arriverà ad un accordo provvisorio sull’innalzamento del tetto del debito. Powell dovrà concentrarsi sui dati macro in uscita e se non saranno così scadenti appare improbabile un taglio dei tassi entro fine anno. EurUsd si muove infatti in questa direzione scendendo.
La FED può ritenersi soddisfatta per il lavoro svolto finora sull’inflazione scesa ad aprile sotto al 5%, il livello più basso degli ultimi due anni. Continua a tenere banco il tema “debt ceiling” con i Cds per proteggersi dal default Usa in costante aumento. Segnali di rallentamento economico anche in Europa con EurUsd che fatica a sfondare le resistenze di area 1,10 prime di ripiegare.
La FED alza, come previsto, i tassi di interesse. Nella stessa misura ha operato la BCE. Dalla banca centrale americana però non sono arrivate indicazioni circa future mosse e questo lascia pensare che siamo entrati nella lunga fase di decantazione prima del taglio del costo del denaro che sarà affare per il 2024. Diverso l’atteggiamento BCE. Partita in ritardo, terminerà più avanti questo ciclo nel tentativo di far rientrare l’inflazione. Euro sempre più vicino a quota 1,12 contro dollaro.