Trump torna all’attacco dell’Europa e annuncia tariffe del 25% su auto ma non solo contro una UE, a suo modo di vedere, nata per truffare gli Stati Uniti. L’incredibile narrativa del Presidente americano in realtà sembra non essere stata colta da un mercato che dal suo insediamento ha preferito le azioni (e la valuta) europee a quelle americane.
Anche il rame sembra entrato nel mirino con paesi esportatori come Cile, Messico e Canada a questo punto a rischio dazi sulla preziosa materia prima.
Altro tema di mercato che è emerso in settimana è l’intervento deciso di Elon Musk sul fronte dei tagli alla spesa pubblica necessari per evitare il default sul debito. Lo stesso Musk ha indicato nello short sui bond americani una strategia stupida che non riconosce il lavoro messo in campo dalla nuova amministrazione. In questo caso gli effetti sui rendimenti sembrano essere effettivamente arrivati con i tassi sui titoli decennali scesi in poco tempo da 4,8% a 4,2%.
Infine c’è la situazione geopolitica. La pace tra Ucraina e Russia sembra essere un obiettivo primario di Trump che dopo i primi approcci con Putin ha tentato di avvicinarsi al leader ucraino. Lo strappo in diretta tv ha messo per ora in stand by ogni trattativa indignando i leader europei per il trattamento riservato a Zelensky.
L’approvazione di nuove barriere doganali sposta adesso l’attenzione sulla FED che dovrà fare i conti con gli effetti di un aumento dell’inflazione importata. Uno scenario che già sta creando un appiattimento della curva dei rendimenti con tassi a lunga più vicini a quelli a breve segnalando un possibile rallentamento della crescita, ma che diventa sfidante per una banca centrale ancora incapace di riportare l’inflazione stabilmente al 2%. E che ora rischia di infiammarsi di nuovo.
Inflazione che potrebbe però trovare una sponda di raffreddamento nei consumi. La fiducia dei consumatori è scesa infatti sotto quota 100 punti nel consueto sondaggio FED e potrebbe anticipare un calo nella domanda interna a causa di nuovi dazi.
Il cambio EurUsd sta vivendo una fase molto tecnica con continui tentativi di assalto alla resistenza ormai chiaramente decisiva di 1,05.
Come si può apprezzare dal grafico su questa resistenza non solo troviamo una serie di massimi sui quali è altrettanto prevedibile che si annidino diversi stop loss delle posizioni short, ma anche livelli barriera del mercato delle opzioni e quella media mobile a 20 settimane che già a novembre 2024 aveva arginato la forza dell’euro dando il via ad una fase di ribasso molto intensa della valuta unica europea.
Nonostante questa ritrovata vitalità dell’euro i grafici di lungo periodo sembrerebbero negare la possibilità che l’euro possa andare tanto oltre certi livelli che potremmo identificare ad esempio in zona 1,08/1,10.
Il grafico su scala trimestrale ci dice che l’indicatore stocastico è ancora oggi in posizione bearish con un segnale che verrebbe negato solo in presenza di un ipervenduto con contestuale taglio dal basso verso l’alto della linea del segnale. Al momento evidentemente siamo ancora lontani da questo pattern.