I verbali del recente meeting della FED di settembre evidenziano un contesto di economia ancora in salute dove vengono esclusi scenari di recessione nel breve termine. E del resto la crescita previsionale rimane robusta. Secondo il GDP Now redatto dalla FED di Atlanta la crescita del terzo trimestre dovrebbe superare il 3%. Una previsione allineata ad un altro modello, quello della FED di New York.Le aspettative dei mercati sul taglio dei tassi si sono quindi ridimensionate con un taglio da 25 punti base in ciascuna delle riunioni di novembre e dicembre al momento prezzata dagli analisti.
Il motivo di questo raffreddamento e anche del ritorno del rendimento dei titoli decennali americani sopra al 4% si chiama inflazione. Uscita al di sopra delle attese sia nella versione dei prezzi al consumo che di quelli alla produzione. L’inflazione americana a settembre è salita del 2.4% (2.5% a luglio ma 2.3% le aspettative degli analisti), ma soprattutto con un dato core al 3.3%. Stessi segnali sono giunti dai prezzi alla produzione, solitamente anticipatori di quelli al consumo. Il PPI è salito del 1.8% su base annua a settembre, ma soprattutto è il dato core a stupire con un rialzo del 2.8% in accelerazione rispetto al 2.6% di agosto.
Dove invece la convinzione che il costo del denaro deve scendere velocemente è alta è in Europa. La BCE è chiamata ad una sforbiciata più robusta e rapida per ridare slancio ad un’economia che si sta afflosciando e che richiede vitamine monetarie ora che l’inflazione sta rapidamente convergendo verso l’obiettivo del 2%. Nel meeting di questa settimana sono dati per sicuri tagli da 25 punti base per un “cut” totale di 150 punti base nei prossimi 12 mesi.
Il differenziale tassi a breve termine in questo momento sta incidendo sulle valutazioni del dollaro americano. Sono stati sufficienti alcuni dati di crescita confortanti lato USA per allontanare il biglietto verde da livelli pericolosi offrendo un rafforzamento che ancora non è da KO. Quello potrebbe arrivare se le politiche monetarie ad esempio di Euro e Stati Uniti improvvisamente cominciassero a divergere.
I segnali che provengono da Washington sembrano però andare in altra direzione con la necessità di procedere con tagli più moderati rispetto a quello che ci si aspettava qualche settimana fa. Il mercato è passato dai 175-200 punti base di tagli attesi nei 12 mesi a 100/125. Il differenziale di tasso tra Stati Uniti e Germania sulle scadenze decennali esprime molto bene il perché l’euro si è indebolito nelle ultime giornate. Uno spread favorevole ai Treasury garantisce una remunerazione adeguata per rimanere sul dollaro secondo gli investitori.
Riprendiamo il grafico pubblicato la scorsa settimana di EurUsd con tanto di onde di Elliott e ritracciamento di Fibonacci ad accompagnare e cercare di spiegare i movimenti di prezzo.
Come si vede chiaramente abbattere 1,10 ha avuto un impatto sfavorevole all’euro che in teoria, con questo doppio massimo, dovrebbe dirigere la sua prua verso 1,08. Rimane un ultima speranza per l’euro in zona 1,0905 dove si posiziona il top di onda 1 e il 50% di ritracciamento dell’intero rialzo. Scendere sotto aprirebbe la strada ad un definitivo ribasso.